Il Sacro Bosco, meglio conosciuto come bosco di Bomarzo, è un luogo immaginifico, sospeso tra fantasia e realtà e intriso di fascino e mistero, dove arte e magia si amalgamano, sollecitando l’immaginario dello spettatore e trasportandolo in un universo oltre il tempo e lo spazio.
"LUB", Il nuovo lavoro di Sacrobosco, moniker del musicista abruzzese Giacomo Giunchedi, si colloca idealmente in questo scenario creativo, dove ambient ed elettronica scorrono evocativi a tratteggiare mondi sospesi e lontani, in un accattivante rilettura di maestri come Burial e Actress, esperti tessitori di beat oscuri e incalzanti.
I precedenti lavori gemelli IVXVI e IXVXI, tra sample di ispirazione jazz e audaci movimenti IDM, lasciavano grande spazio di manovra al pensiero, richiamando infiniti meandri sonori e desertici, dove la mente libera di vagare e immaginare cavalcava spazi infiniti e senza tempo, in un viaggio sconfinato tra synth rigeneranti e mutevoli.
Il nuovo EP LUB non fa eccezione, immerso in un magma creativo che tiene efficacemente uniti generi diversi, bagnati di elettronica in bilico tra analogico e digitale, ponte di connessione tra slanci intellettivi e squarci da club, inserendosi a pieno titolo nella nuova scena elettronica nazionale che vede nomi di punta come IOSONOUNCANE e Daniela Pes.
Si tratta di un lavoro sinergico, composto da due outtakes e tre remix, tratti dagli album gemelli citati prima, ad opera di amici artisti, a testimonianza di come il lavoro di Sacrobosco sia fortemente inclusivo e dischiuso a nuove interessanti contaminazioni.
D’altronde, è nella natura stessa della musica elettronica porre il focus non tanto sull’autore ma quanto sul brano, rivisitato, rielaborato e infine aperto a ulteriori modifiche; un open source in continua trasformazione, teatro di Metamorfosi, quella di un bosco sacro, appunto.
La traccia di apertura dell’EP, l’omonima Lub - realizzata in collaborazione con l’artista Giulia Bloom - si caratterizza per un’intro robotica cui dopo pochi attimi segue un tappeto ambient oscuro ed evocativo, quasi religioso, al quale si aggiungono efficaci beat elettro che crescono pian piano di intensità, conferendo un senso di mistero alla traccia. Beat più incalzanti ci aprono la seconda parte, dominata da propulsioni IDM che dettano il ritmo, duettando con uno sferzante sfondo di synth, in grado di catapultarci in una dimensione onirica, sfumata nel finale, proprio come un sogno alle prime luci del mattino.
Faint, presente in IVXVI e qui remixata dal producer T3VAR, entra con deciso impulso dub su tappeto elettronico creando dinamismo, e traghettandoci su base pulsante che ci invita a ballare, in un crescendo di drum decisi e quasi acid, fino a sfociare in pura potenza house, nella nebbia di un club, fumosa e imprendibile.
Mentre la traccia originale si muoveva in un clima ambient più morbido, trasfigurazione del brano Halo di Beyonce - qui campionato e trasformato in una progressiva saturazione di voci con accenni quasi acid - il remix si sofferma invece su ritmi più incalzanti scoprendo le potenzialità dub del brano in una progressiva ed eccitante declinazione microhouse, in continuo mutevole movimento.
La terza traccia, Heat, da IXVXI, ora riletta da VERTEX, ci immerge all’interno di un universo ambient puntellato da grande vitalità, abitato da loop acidi, delicati e sospesi, che si ripetono come un mantra quasi religioso.
On Four Walls, nel remix di Yamane, esordisce con beat digitali e trilli che sembrano annunciare un imminente pericolo, costruendo un clima oscuro che pervade tutta la traccia. Definiti bpm scandiscono un ballo industriale e crudo, quasi a evocare un misterioso rituale di corpi in qualche zona remota di Berlino.
A chiudere l’EP, l’outtake Pale Black: introdotto da saturazioni ambient e drone, rappresenta la traccia più vulnerabile dell’intero EP, essendone sua giusta misura e sintesi. Annegata in un mare elettronico infinito, nella sua pur breve durata - poco più di due minuti - riesce nell’intento di restituirci l’essenza stessa del lavoro di Sacrobosco, sospeso tra le porte del mondo visibile e di quello invisibile.
Proprio qui si realizza la capacità magica dell’artista di immaginare e creare universi fantastici e straordinari, a replicare le gesta del suo omonimo vissuto secoli prima (astronomo e astrologo del 1200) ma mosso dallo stesso desiderio di giocare coi numeri della natura, che si svelano e al tempo stesso rimangono nascosti ai più.
ENGLISH VERSION
The Sacred Wood, better known as the Wood of Bomarzo, is an imaginative place, suspended between fantasy and reality and imbued with charm and mystery, where art and magic blend together, stimulating the viewer's imagination and transporting them into a universe beyond time and space.
"LUB" the new work by Sacrobosco, the moniker of the Abruzzese musician Giacomo Giunchedi, is ideally set in this creative scenario, where ambient and electronic music flow evocatively, sketching out suspended and distant worlds, in a captivating reinterpretation of masters like Burial and Actress, skilled weavers of dark and compelling beats.
The previous twin works "IVXVI" and "IXVXI," featuring jazz - inspired samples and daring IDM movements, provided ample room for thought, evoking endless sonorous and desert -like labyrinths, where the mind, free to wander and imagine, traversed infinite and timeless spaces in a boundless journey through regenerative and mutable synths.
The new EP "LUB" is no exception, immersed in a creative magma that effectively unites different genres, steeped in electronics teetering between analog and digital, a bridge connecting intellectual impulses and club scenes, fully integrating into the new national electronic scene with leading names like IOSONOUNCANE and Daniela Pes.
It is a synergistic work, consisting of two outtakes and three remixes taken from the aforementioned twin albums, crafted by artist friends, testifying to how Sacrobosco's work is highly inclusive and open to new interesting contaminations.
After all, it is in the very nature of electronic music to focus not so much on the author but on the track itself, which is revisited, reworked, and finally opened to further modifications; an open-source in continuous transformation, a theater of metamorphosis, like that of a sacred wood, indeed.
The opening track of the EP, the eponymous Lub - created in collaboration with the artist Giulia Bloom - is characterized by a robotic intro followed shortly by a dark and evocative ambient backdrop, almost religious, to which effective electro beats gradually increase in intensity, lending the track a sense of mystery. More insistent beats open the second part, dominated by IDM propulsions that set the rhythm, dueting with a sharp synth background, capable of catapulting us into a dreamlike dimension, fading out in the finale, just like a dream at the first light of dawn.
Faint present in "IVXVI" and here remixed by producer T3VAR, enters with a decisive dub impulse on an electronic backdrop, creating dynamism and leading us onto a pulsating base that invites us to dance, in a crescendo of determined and almost acidic drums, eventually leading to pure house power, in the fog of a club, smoky and elusive.
While the original track moved in a softer ambient climate, a transfiguration of Beyoncé's Halo - here sampled and transformed into a progressive saturation of voices with almost acidic hints - the remix focuses instead on more pressing rhythms, uncovering the dub potential of the track in a progressive and exciting microhouse declination, in constant mutable motion.
The third track, Heat from "IXVXI," now reinterpreted by VERTEX, immerses us in an ambient universe punctuated by great vitality, inhabited by delicate and suspended acidic loops, repeating like an almost religious mantra.
On Four Walls in Yamane's remix, begins with digital beats and trills that seem to announce an imminent danger, building a dark atmosphere that pervades the entire track. Defined BPMs mark an industrial and raw dance, almost evoking a mysterious ritual of bodies in some remote area of Berlin.
Closing the EP is the outtake Pale Black: introduced by ambient saturations and drone, it represents the most vulnerable track of the entire EP, being its right measure and synthesis. Drowned in an infinite electronic sea, in its brief duration - just over two minutes - it succeeds in conveying the very essence of Sacrobosco's work, suspended between the visible and invisible worlds.
Here, the artist's magical ability to imagine and create fantastic and extraordinary universes is realized, replicating the deeds of his namesake who lived centuries before (an astronomer and astrologer of the 1200s), driven by the same desire to play with the numbers of nature, which reveal themselves and at the same time remain hidden to most.
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