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Mont Baud: "Durante i live ci allontaniamo da noi stessi"

I Mont Baud emergono come un collettivo che non solo sfida le convenzioni, ma le frantuma con una potenza devastante, trascinandoci in un vortice sonoro dove l'unica costante è il cambiamento.


Il loro nuovo singolo "Dura" è un inno alla velocità che strappa il velo dell'ordinario, una cavalcata che lacera il paesaggio artistico con la furia di una tempesta. I Mont Baud si rivelano portatori di un'arte che si nutre di contraddizioni e paradossi, capace di attingere al teatro più viscerale e all'elettronica più cruda per dar vita a un'esperienza sonora che trascende il semplice ascolto, diventando rivolta, liberazione. Sono "principi notturni", figli delle ombre che li hanno plasmati e guidati, e il loro futuro si staglia come un enigma che pulsa al ritmo di un rave eterno, dove la luce è solo una promessa distante, un'illusione da sfidare e superare.



Benvenuti. Il nuovo singolo 'Dura' sembra incarnare una corsa sfrenata: quali

emozioni avete voluto trasmettere con questa velocità che lacera il paesaggio e cosa

significa per voi squarciare le costrizioni artistiche?


Col singolo “Dura” vogliamo deflagrare il modo innocente di fare canzoni in Italia.

Usiamo la velocità come strumento per torturare la musica e le sue costrizioni, per

accelerare tutto e tutti.


L'EP 'Viscere' ha segnato un debutto potente. Qual è stato il processo creativo

dietro a questo lavoro che sfida le etichette musicali convenzionali e quanto vi sentite

diversi da allora?


“Viscere” è nato da un flusso di registrazioni molto intenso e poi una severa

selezione. Tuttavia è arrivato da solo, senza cercarlo. E’ probabilmente sempre esistito

in noi. Non abbiamo nulla contro le etichette musicali convenzionali, il nostro intento

le precede.



La dimensione live è il vostro punto di forza, un teatro-rave dove la musica diventa

rituale. Come si alimenta questa energia sul palco e come si trasforma una

performance in un rito musicale?


Insieme al pubblico. C'è chi si sente offeso, chi ride, chi balla, ma è una corsa

esaltata che alla fine porta tutti, noi tre compresi, in un luogo ben preciso. Ci piace

pensare ai nostri show come una sorta di teatro-rave, in cui la performance spinge al

massimo le sonorità più solide e martellanti. Noi non suoniamo, siamo suonati.


La performance live è l'occasione per dissolverci e allontanarci da noi stessi, l'esperienza collettiva definitiva.

Dell'atto scenico diveniamo la scena, del ballare siamo il ballo, del suonare il suono.


La vostra collaborazione e apertura a gruppi come Crookers, Calibro 35 e Daniela

Pes ha arricchito la vostra esperienza artistica. In che modo queste collaborazioni

hanno influenzato la vostra visione e con quali artisti vi piacerebbe confrontarvi in

futuro?


Se qualcuno ci piace rubiamo più dai suoi dischi che dal suo show. Ci influenzano

molto le parole scambiate prima e dopo il concerto, le personalità, l'incontro.



Il vostro stile è dunque un incontro tra techno, UK grime e sensibilità teatrale. Quali

sono le influenze chiave che vi hanno portato a generare questo suono ibrido e dove

prendete ispirazione per la creazione?


Oggi, è possibile saltare da un ascolto all'altro in modo immediato. Questi bizzarri

accostamenti di sicuro hanno alimentato la nostra immaginazione. Ci rispecchiamo

in questi paradossi...


Essere definiti 'principi notturni' evoca un'immagine di oscurità e mistero. Qual è il

vostro rapporto con il buio e le ombre?


Le ombre ci hanno tirato su nei momenti più bui.

A parte gli scherzi, a molti dei brani abbiamo lavorato di notte, perché sono delle ore tranquille ed esaltanti allo stesso tempo. Poi proporre durante un concerto quei pezzi, nello stesso momento della giornata in cui sono stati concepiti, forse ha senso. Forse, no. Non lo sappiamo.



Immaginate il futuro: c’è della luce intorno a voi o vi vedete ancora come “animali”

della notte?


Le aspettative non ci emozionano, il futuro è un appuntamento al buio.


ENGLISH VERSION


Mont Baud emerges as a collective that not only challenges conventions but shatters them with devastating force, drawing us into a sonic vortex where the only constant is change.


Their new single "Dura" is an anthem to speed that tears through the fabric of the ordinary, a wild ride that slashes the artistic landscape with the fury of a storm. Mont Baud reveals themselves as bearers of an art that thrives on contradictions and paradoxes, capable of drawing from the most visceral theater and the rawest electronics to create a sonic experience that transcends mere listening, becoming revolt, liberation. They are "princes of the night," offspring of the shadows that have shaped and guided them, and their future looms as an enigma pulsating to the rhythm of an eternal rave, where light is only a distant promise, an illusion to challenge and surpass.



Welcome. The new single 'Dura' seems to embody a wild ride: what emotions did you want to convey with this speed that tears through the landscape, and what does it mean for you to break through artistic constraints?


With the single “Dura,” we want to explode the innocent way of making songs in Italy. We use speed as a tool to torture music and its constraints, to accelerate everything and everyone.


The EP 'Viscere' marked a powerful debut. What was the creative process behind this work that defies conventional musical labels, and how different do you feel from then?


“Viscere” was born from a very intense flow of recordings and then a severe selection. However, it came into being on its own, without seeking it out. It probably always existed within us. We have nothing against conventional musical labels; our intent precedes them.


The live dimension is your strong suit, a theater-rave where music becomes a ritual. How do you fuel this energy on stage, and how does a performance transform into a musical rite?


Together with the audience. Some feel offended, some laugh, some dance, but it's an exhilarating ride that ultimately brings everyone, including the three of us, to a very specific place. We like to think of our shows as a sort of theater-rave, where the performance pushes the most solid and pounding sounds to the limit. We don't play; we are played. The live show is, for us, the opportunity to disappear from ourselves, the ultimate collective experience. Of the scenic act, we become the scene; of dancing, we are the dance; of playing, we are the sound.


Your collaboration and openness to groups like Crookers, Calibro 35, and Daniela Pes have enriched your artistic experience. How have these collaborations influenced your vision, and with which artists would you like to collaborate in the future?


If we like someone, we steal more from their records than from their show. We are greatly influenced by the words exchanged before and after the concert, the personalities, the encounter—this, yes.


Your style is thus a meeting of techno, UK grime, and theatrical sensitivity. What are the key influences that led you to generate this hybrid sound, and where do you draw inspiration for creation?


Today, it is possible to jump from one listening experience to another immediately. These bizarre juxtapositions have certainly fueled our imagination. We see ourselves in these paradoxes.


Being defined as 'princes of the night' evokes an image of darkness and mystery. What is your relationship with darkness and shadows?


The shadows lifted us up in the darkest moments. Jokes aside, many of the tracks were worked on at night because those hours are both tranquil and exhilarating. Then, performing those tracks in concert at the same time of day they were conceived perhaps makes sense. Perhaps not. We don't know.


Imagine the future: is there light around you, or do you still see yourselves as "creatures" of the night?


Expectations don’t excite us; the future is a blind date.



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