Dalle Pleiadi al Sistema Solare: il viaggio oscuro oltre il tempo e lo spazio degli Humanoid Gods.
“We are the Gods coming from outer space,
bringing a message to humanity.”
Venerdì 28 giugno, il calendario segna un evento che rompe la monotonia dello spazio temporale estivo: l’astronave degli Humanoid Gods (duo torinese composto da Franco Cazzola e Luca Trevisan) atterra nell’immersivo scenario del Planetario Infini.to di Pino Torinese - all’interno della rassegna Song for Stars - per presentare Extraterrestrial Encore II: Pleiadian Reconnection, un viaggio cosmico che trascende le barriere del mondo conosciuto.
Dalle Pleiadi al Sistema Solare, il leitmotiv che segna il dj set del duo, vede in sinergia la proiezione di immagini in digitale sulla cupola sferica della sala - ottenute tramite 5 proiettori guidati dall’astrofisico Manuele Balboni - raffiguranti uno spazio ulteriore ed immaginifico fatto di nebulose, costellazioni, pianeti, galassie e stelle, per un’ora circa di trip ancestrale ai confini dell’ignoto.
In un silenzio magico e irreale il viaggio comincia: come un rito arcaico e segreto, misteriosi beat elettronici guidano il pubblico nello spazio intergalattico, vacuum perfetto e libero dove tutto può essere e tutto può accadere e dove ci eleviamo anche noi, liberi dai detriti della quotidianità, dimenticando noi stessi. Quasi come un gioco, il vuoto che ci si para davanti può essere riempito di ogni cosa, può diventare tutto e non essere nulla, avendo in potenza l’essere e il non essere e di riflesso anche noi possiamo essere tutto ed essere nulla, all’infinito.
Ph credits: Fabiana Amato
Il viaggio prosegue, delicatamente e con movimenti downtempo, a cui fanno da contraltare le apparizioni di timide stelle (alcune visibili a occhio nudo dalla Terra): sono le Pleiadi, che si ammassano in agglomerati di nebulose e ci traghettano al limite della realtà, come i personaggi mitologici che rappresentano. Allora, immaginiamo Elettra, Maia, Merope che ci prendono per mano, facendoci attraversare le colonne d’Ercole del cosmo visibile, assurgendo a limite definito e al tempo stesso valicabile.
Gradualmente i battiti salgono, quelli dell’hardware ma anche del cuore, e davanti a noi si staglia lo spazio interplanetario, dove stilizzate cariche elettriche fluttuano libere, in attrazione le une verso le altre: è il campo magnetico del Sole, le cui linee deformate e aggrovigliate sono sottolineate da laser acid e spiazzanti, pieni di energia. L’attrazione esercitata dalla stella madre sembra coinvolgere anche noi, ormai con gli occhi catturati dai rapidi movimenti proiettati e con il naso all’insù, a presagire l’arrivo di nuovi corpi celesti.
E, infatti, ecco apparire Nettuno: la freddezza (è ghiacciato) e lontananza del pianeta (è il più lontano) sono accompagnati da battiti dark techno che sbattono in faccia il vento gelido di questo pianeta, mettendo a nudo tutte le nostre debolezze di umani inquieti e finiti. Siamo a metà viaggio ormai e parallelamente all’avvicinarci alla Terra, stiamo scendendo negli abissi dell’animo umano, di quell’essenza profonda che gli Umanoidi arrivati da un’altra dimensione mostrano a noi, lasciando un mare di domande inevase.
Mentre stiamo ancora cercando risposte, Saturno e i suoi anelli si palesano in tutta la loro maestosità (è il pianeta più massiccio dopo Giove): a velocissime rotazioni si avvicina a noi spettatori pietrificati, arriva addosso minaccioso e poi indietreggia nel tempo di un secondo, mentre a corredo una decisa breakbeat incalza sotto senza sosta. Ormai non c’è più tempo, il viaggio ha preso una direzione precisa, stiamo puntando verso il pianeta Terra, gli Umanoidi stanno atterrando e noi umani sapremo essere in grado di accoglierli?
Intanto spunta Giove, il pianeta più mastodontico del Sistema Solare, così grande ed immenso da incutere sano terrore: facendo da guida verso una transizione cromatica - iniziata da Nettuno, freddo e grigio - ci porta in dono colori più solari e materici e illumina il viso con una ventata di ottimismo, perché in fondo il messaggio degli Dei-astronauti scesi sulla Terra non sembra così terribile, anzi, pare aprire prospettive di crescita e di miglioramento personale, come ogni viaggio iniziatico che si rispetti.
Siamo quasi giunti alla fine del viaggio, ma c’è ancora spazio per la signora del Sistema Solare; la Luna, misteriosa, umbratile ed emotiva: guardiana dei sogni e di progetti mai realizzati o che prima o poi vedranno la luce, mostra solo una delle due proverbiali facce, l’unica visibile dalla Terra, l’unica intellegibile da noi umani. Samples di voci che sembrano extraterrestri rischiarano i tanti crateri disseminati sulla sua superficie, custodi di tutte quelle cose che - Astolfo ci insegna - sono state perse, da quelle materiali a quelle spirituali, e che piace immaginare di poter recuperare protendendo le mani, proprio lì davanti allo schermo, mentre il Satellite si avvicina a noi spettatori.
Un deciso cambio di ritmo annuncia però la fine del viaggio: a colpi decisi di synth, ecco apparire finalmente la Terra, così espressiva nella sua tonalità blu, da ispirare pace e armonia; inizio e fine al tempo stesso di un trip cosmico e immaginifico, al termine del quale gli Humanoid Gods approdano tra di noi, extraterrestri ma umani, progenitori della specie e al tempo stesso ambasciatori del futuro.
Ora che l’astronave è arrivata tra noi, trasformando la sala in un oscuro e misterioso club techno, il nostro pianeta si fa sempre più piccolo, fino a scomparire alla nostra vista, a significare la piccolezza e finitezza della esperienza umana, in un rovesciamento di prospettiva che apre a ulteriori forme di vita, ora così vicine, ora così lontane. Uscendo dalla suggestiva sala sferica del Planetario, diventa allora impossibile non porsi le fatidiche domande:
da dove veniamo? e, soprattutto, chi siamo?
ENGLISH VERSION
Friday, June 28th, the calendar marks an event that breaks the monotony of the summer temporal space: the spaceship of the Humanoid Gods (a Turin-based duo composed of Franco Cazzola and Luca Trevisan) lands in the immersive setting of the Planetarium Infini.to in Pino Torinese - as part of the Song for Stars series - to present Extraterrestrial Encore II: Pleiadian Reconnection, a cosmic journey that transcends the barriers of the known world.
From the Pleiades to the Solar System, the leitmotif of the duo’s DJ set is synergistically accompanied by the projection of digital images on the spherical dome of the hall - produced through 5 projectors operated by astrophysicist Manuele Balboni - depicting an expansive and imaginative space filled with nebulas, constellations, planets, galaxies, and stars, for about an hour of an ancestral trip to the edge of the unknown.
In a magical and unreal silence, the journey begins: like an archaic and secret rite, mysterious electronic beats guide us into the intergalactic space, a perfect and free vacuum where anything can be and everything can happen, where we too elevate, free from the debris of daily life, forgetting ourselves. Almost like a game, the void before us can be filled with anything, can become everything and nothing, possessing in potential both being and non-being, and by reflection, we too can be everything and nothing, infinitely.
The journey continues, gently with downtempo movements counterpointed by the appearances of timid stars (some visible to the naked eye from Earth): they are the Pleiades, clustering in nebulae, ferrying us to the edge of reality like the mythological characters they represent. We then imagine Electra, Maia, Merope taking us by the hand and guiding us through the Pillars of Hercules of the visible cosmos, ascending to a defined yet crossable boundary.
Gradually, the beats rise, those of the hardware and also our hearts, and before us stands the interplanetary space, where stylized electric charges float freely, attracted to each other: it is the magnetic field of the Sun, whose distorted and tangled lines are emphasized by acid and disorienting lasers, electrifying and full of energy. The attraction exerted by the Sun seems to involve us as well, now with eyes captivated by the rapid projected movements and heads tilted back, anticipating the arrival of new celestial bodies.
And indeed, here comes Neptune: the planet’s coldness (it is icy) and remoteness (it is the farthest) are accompanied by dark techno beats that hit us with the icy wind of this planet, laying bare all our human weaknesses and finiteness. We are now halfway through the journey, and as we approach Earth, we are also descending into the depths of the human soul, that profound essence that the Humanoids, coming from another dimension, reveal to us, leaving a sea of unanswered questions.
While we are still seeking answers, Saturn and its rings appear in all their majesty (it is the most massive planet after Jupiter): with very fast rotations, it approaches us petrified spectators, threateningly coming close and then retreating within a second, while a decisive breakbeat relentlessly pounds underneath. There is no more time, the journey has taken a precise direction, we are heading towards planet Earth, and will we humans be able to welcome the Humanoids landing?
Meanwhile, Jupiter emerges, the largest planet in the Solar System, so vast and immense that it inspires a healthy fear: acting as a guide towards a chromatic transition - started by Neptune, cold and gray - it brings us more solar and material colors and illuminates our faces with a breath of optimism, because in the end, the message of the astronaut-gods descending to Earth does not seem so terrible; indeed, it seems to open up perspectives of growth and personal improvement, as every initiatory journey should.
We are almost at the end of the journey, but there is still room for the lady of the Solar System: the Moon, mysterious, shadowy, and emotional: guardian of dreams and projects never realized or that will eventually see the light, shows only one of its two proverbial faces, the only one visible from Earth, the only one intelligible to us humans. Samples of voices that seem extraterrestrial illuminate the many craters scattered on its surface, custodians of all those things that - Astolfo teaches us - have been lost, from material to spiritual ones, and that we like to imagine we can recover by stretching our hands, right there in front of the screen, as the Satellite approaches us spectators.
A decisive change of pace announces the end of the journey: with decisive synth strokes, Earth finally appears, so expressive in its blue hue, inspiring peace and harmony; beginning and end at the same time of a cosmic and imaginative trip, at the end of which the Humanoid Gods land among us, extraterrestrial yet human, progenitors of the species and at the same time ambassadors of the future.
Now that the spaceship has arrived among us, transforming the hall into a dark and mysterious techno club, our planet becomes increasingly smaller, until it disappears from our sight, signifying the smallness and finiteness of the human experience, in a reversal of perspective that opens up to further forms of life, now so close, now so distant. Exiting the suggestive spherical hall of the Planetarium, it becomes impossible not to ask the fateful questions:
where do we come from? And, above all, who are we?
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